La strada della Valcellina
Con i suoi cinque comuni (Barcis, Andreis, Claut, Cimolais ed Erto) cinti da impervie montagne, la Valcellina è stata una enclave isolata dal resto del modo fino al 1906. L'assenza di strade impediva non solo i collegamenti carrozzabili fra comune e comune, ma anche di accedervi dalla pianura pordenonese. Lungo la forra del Cellina, segregata com’era da invalicabili spalti rocciosi era impensabile la costruzione di una rotabile. Altrettanto impossibile sembrava la realizzazione di una strada che, lungo la forra del Vajont, la collegasse alla valle del Piave. I diecimila abitanti, che popolavano la Valcellina a fine Ottocento, potevano scendere in pianura solo attraverso l’aspro sentiero che valicava la Val de Crous; quindi, tutto quanto era necessario per vivere e che non poteva essere prodotto all’interno della valle, dal grano ai medicinali, tessuti, utensili ecc. doveva essere trasportato dalla gente, con le gerle, le slitte, o nel migliore dei casi a dorso di mulo.
Intanto, la maggior parte di città e paesi d’Italia e d’Europa erano ancora illuminati dalla tenue luce delle candele o delle lampade a petrolio; e soltanto poche grandi città, come Venezia, godevano della illuminazione a gas. Ma un audace progetto, a firma dell’ingegner Aristide Zenari stava per essere realizzato dalla S.I.U.F.I.V (Società del Cellina) con capitali pordenonesi e veneziani: la costruzione di un grandioso impianto idrolettrico che, grazie all’acqua del Cellina, avrebbe prodotto energia elettrica non solo per Venezia, ma anche per altre città venete e friulane, spodestando il vapore e il gas che ancora dominavano in campo energetico. A colpi di dinamite, le barriere rocciose che si frapponevano al progresso furono vinte e, con una incredibile serie di opere derivatorie (un canale in pietra, 57 ponti canale, arcate di sostegno, 5 gallerie, la più lunga delle quali di 1.100 metri), nel maggio 1905, l’acqua fu condotta ad alimentare le turbine della grande centrale di Malnisio. Per arrivare alla diga di presa (oggi chiamata Diga Vecchia) occorreva una strada di servizio che, come previsto da Zenari, fu realizzata gettando al di sopra dei muri del canale una serie contigua di volte a vela in calcestruzzo, creando in questo modo un piano viabile, integrato, a lato del canale stesso, da brevi tratti di carreggiata in sede propria. Dalla diga alla borgata Molassa - e quindi fino alla preesistente carrareccia che portava a Barcis - il solo chilometro di strada mancante venne costruito da Zenari di propria iniziativa, poiché la Società del Cellina non intendeva proseguire la viabilità oltre la diga.
Così, nel novembre 1906, l’ingegner Zenari a bordo di un calesse tirato da un baio ungherese poté compiere il viaggio inaugurale da Montereale a Barcis, finalmente liberata da un millenario isolamento.
Negli anni successivi, fra il 1910 e il 1914, in vista del 1° conflitto mondiale, fu molto più facile per il Genio Militare realizzare le strade necessarie a dare una strategica continuità a questo primo collegamento con i restanti paesi della Valcellina, e quindi con le valli del Piave, la Val Colvera (attraverso la Pala Barzana) e la Val Silisia (attraverso la Forcella Clautana).
Il serbatoio elettroirriguo di Barcis (Lago Aprilis)
Completato il progetto Zenari con la costruzione delle centrali di Giais (1908) e di Partidor (1919) la SADE (Società Adriatica di Elettricità), subentrata alla Società Cellina, si accordò con l’appena nato Consorzio di Bonifica Cellina-Meduna, su un progetto coordinato di sfruttamento dell’acqua del Cellina. Gran parte della pianura pordenonese, a nord della linea delle risorgive, era in quel tempo una landa siccitosa semi-improduttiva. E i 14 metri cubi al secondo d’acqua del Cellina, turbinati dalle tre centrali, finivano inutilmente dissipati nel suo greto ghiaioso presso San Leonardo. Sbarrando il Cellina con una diga, alla stretta di Ponte Antoi, a Barcis, si sarebbe potuto creare un serbatoio di accumulo stagionale della capacità di 70 milioni di metri cubi, per integrare le portate estive del torrente, a favore della capillare rete di canaletti irrigui prevista dal Consorzio. Ciò avrebbe portato un enorme beneficio alla coltivabilità dei suoli riarsi dalla scarsa piovosità.
Ma a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale questo progetto fu procrastinato alla fine delle ostilità. Poi, nei primi anni del dopoguerra, gli accordi SADE- Consorzio ripresero e si decise di dare inizio ai lavori.
Nel progetto originario la diga avrebbe dovuto raggiungere un’altezza maggiore di 11 metri di quella attuale; cosa che avrebbe provocato la sommersione dell’abitato di Barcis che si sarebbe dovuto evacuare, trasferendo i suoi abitanti in un nuovo paese da costruire di sana pianta sulle pendici della località Dint. Ma, come è noto, nel settembre del 1944, la popolazione di Barcis, patito l’incendio del paese a opera dell’occupante esercito nazista, aveva subito provveduto con grandi sacrifici a riparare o ricostruire gran parte delle case così barbaramente distrutte. Si decise perciò di non imporre ulteriori sacrifici e disagi agli abitanti, e il massimo livello del serbatoio fu riprogettato con una capacità ridotta al livello attuale, preservando il paese dalla sommersione. I lavori ebbero inizio nell’estate del 1951 e il 19 giugno 1954, riempito del tutto l’invaso alla sua massima capacità di 20 milioni di metri cubi, la prima acqua cominciò a tracimare dal ciglio sfiorante della diga. Il bacino così creato fu dedicato all’ingegner Napoleone Aprilis, ideatore, tenace propugnatore e realizzatore del Consorzio grazie al quale l’arida pianura è stata trasformata in un immense coltivazioni ordinate come giardini.
Oggi, dopo un sessantennio di esercizio, a causa del trasporto solido operato dallo scorrere delle acque e dalle numerose e ricorrenti piene autunnali, la capacità del serbatoio è quasi dimezzata; mentre la piantagione di migliaia di abeti operata al momento della costruzione del serbatoio, allo scopo di consolidarne le sponde, e frattanto maturata in una amena fascia boscata che il comune ha provveduto a solcare con sentieri turistici attrezzati, meta di masse di gitanti che vi si riversano nella stagione estiva. Lo specchio d’acqua, in ottimali condizioni di invaso, permette inoltre lo svolgersi di importanti manifestazioni di motonautica, vela ecc.