La colonna, che doveva seguire la direttrice più meridionale, era costituita dalla XCVIII brigata Schützen, comandata dal colonnello brigadiere Adolf Sloninka von Holodrow; la brigata faceva parte della 22a divisione del gruppo Krauss.Il mattino del giorno 6 novembre 1917, la colonna da Meduno raggiunse Maniago, già occupata il giorno precedente dalla 55a divisione; all'alba del 7 puntò su Barcis divisa in due colonne: una per la Val Colvera-Poffabro-Forcella di Pala Barzana-Andreis; l'altra per Forcella della Croce-Bosplans-Andreis.I primi scontri ebbero luogo sulle forcelle, difese da modeste forze italiane: i resti dei battaglioni alpini Val Leogra, Val Arroscia, M.Clapier e del IV bersaglieri ciclisti, risaliti dalla pianura, più i pochi superstiti sfuggiti ai combattimenti al bivio d'Agnul e di Redona; in tutto poche centinaia di uomini, comandanti dal tenente colonnello Giulio De Negri, riuniti allìultimo momento, aggregati alla 26a divisione e inviati a difendere i valichi di accesso alla bassa Val Cellina.Questi stessi reparti il giorno precedente avevano dovuto combattere per respingere avanguardie della 55a divisione salite da Meduno e da Maniago.
Il combattimento di Barcis
Il comando del XII Corpo d'Armata, dalla sua nuova sede provvisoria di Barcis, prima di proseguire verso Longarone ordinò di interrompere in più punti la strada della Val Cellina e di ritirare le truppe immediatamente a sud del paese.Alpini e bersaglieri si schierarono in località Molassa, Dint, Roppe, pendici del monte Lupo e sul monte Plai, nel versante opposto della valle.Il mattino del 7 gli attacchi del nemico si susseguirono ripetuti e accaniti; i difensori resistettero tenacemente, ma nel pomeriggio i reparti austriaci, ricevuti rinforzi, riuscirono a guadagnare terreno sul versante sinistro della valle e appostare alcune mitragliatrici in posizione sopraelevata. Attaccate di fronte e sul fianco, le truppe italiane furono costrette ad abbandonare le posizioni e ritirarsi.Scrisse poi il tenente generale Konrad Krafft von Dellemessingen nel suo diario di quei giorni: "A Barcis e sul sovrastante monte Lupo, 1053 m, i Kaiserschützen del colonnello brigadiere von Sloninka, s'imbattevano in due battaglioni alpini che, nonostante l'accanita resistenza, venivano travolti dopo un violento attacco sferrato verso le ore 16". Il reparto inviato sul monte Plai, benché non direttamente attaccato, fu costretto a ripiegare verso la Val Pentina e Armasio per ricongiungersi con il resto della colonna che risaliva la Val Cellina. La distruzione del ponte di Mezzocanale e il fuoco del nemico che batteva la rotabile del fondovalle, costrinse le poche truppe a cercare scampo sugli impervi sentieri laterali; dopo una durissima marcia riuscirono a raggiungere Cellino e Cimolais e proseguire appena in tempo per Longarone.Il gruppo del generale von Sloninka non aveva come obiettivo l'occupazione della Val Cellina, ma doveva raggiungere al più presto possibile la Valle del Piave; la mattina del giorno 8, dopo poche ore di riposo a Barcis, la colonna risalì la Val Caltea e senza trovare alcun ostacolo raggiunse il Pian del Cavallo e Forcella Palantina. Attardati anche da una fitta nebbia e poi da una violenta bufera di neve, gli Schützen furono costretti a un duro bivacco a 1800 metri; il mattino successivo, senza incontrare alcuna resistenza, scesero verso Tambre d'Alpago e raggiunsero la Sella di Fadalto, dove però erano già stati preceduti da reparti della 55a divisione saliti da Vittorio Veneto. A mezzogiorno del 9 novembre era occupata anche la zona del Fadalto e dell'Alpago ed era interrotta l'importante via di comunicazione fra il Bellunese e la pianura; in giornata alcuni reparti raggiunsero Ponte nelle Alpi e la mattina del 10 si congiunsero con le altre truppe scese dalla Val Vajont, che avevano chiuso la vallata del Piave a sud di Longarone.
Testo tratto dal libro
Gli ultimi giorni dell'armata perduta
La grande guerra nelle Prealpi Carniche
di Tullio Trevisan